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Ma io ho bisogno di un logo? Questa è una domanda che spesso ci viene rivolta dai piccoli brand, artigiani, freelance e consulenti durante i nostri momenti di formazione durante i quali accompagniamo i professionisti attraverso percorsi di consapevolezza sulla loro identità aziendale.

Hai presente un iceberg?

La risposta che mi sento di dare è sì, ti serve un logo. Un logo serve a raccontare la tua identità attraverso una forma originale e unica. Nel mio immaginario il logo è la punta di un iceberg, l’estremità visibile a tutti di qualcosa di molto più grande che rimane sommerso ma permette di sostenere la cima. E sotto cosa ci sta?

La zona sommersa è quella in cui sono presenti tutte le azioni che sostengono il brand, ci sei tu con la storia della tua attività o quella personale, ci sono i tuoi valori e i tuoi perché [sul perché ti consiglio di guardare il TedTalk di Simon Sinek che continua ad essere uno dei miei preferiti], la tua motivazione, i tuoi prodotti o i tuoi servizi, i tuoi clienti e, se li hai, ci sono le storie dei tuoi dipendenti e collaboratori.

Questi elementi e le loro specifiche connessioni sono solo tue, nessun’altra organizzazione li può avere: puoi avere una parte di servizi o collaboratori o skills in comune con un tuo competitor ma il blend che esce dalla connessione delle cose è solo tua: la tua voce unica.

Il logo, quindi.

Il logo deve riuscire a far suonare quella voce in modo chiaro e riconoscibile: è un lavoro in cui il progettista e il cliente sono a stretto contatto e, di solito, si parte cercando di capire ‘la parte nascosta’ attraverso un questionario.

Il questionario porterà a galla delle parole chiave che permetteranno al progettista di costruire una mappa mentale di concetti e metafore che potranno essere accostate a immagini, fotografie, colori e scenari di varia natura. In questo modo nasceranno delle moodboard, vere e proprie tavole di contenuti visuali che permettono di raccontare il mondo a cui appartiene quel logo.

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Dopo aver lasciato sedimentare questi percorsi si inizia la fase vera e propria della progettazione che può essere fatta a mano o al computer o in entrambi i modi, in base a come il progettista preferisce. 

A me sinceramente piace molto lavorare con carta e matita: la matita è il mio strumento preferito, perché mi sembra che scorra molto velocemente sul foglio e mi permetta di fare cambi repentini quando penso a una forma.

Il logo, una biografia.

Un logo deve avere delle caratteristiche ben precise per avere un look&feel professionale, di alcune di queste avevo già parlato in questo post, a queste che ritengo ancora valide, aggiungo che un buon logo dev’essere:

  • semplice nelle forme e nei colori in modo che sia riproducibile su tutte le superfici senza perdere di qualità, questa caratteristica vale anche per i loghi patronimici quelli composti dal nome e cognome del fondatore dell’azienda (ad esempio nel mondo della moda tanti loghi sono fatti così);
  • riconoscibile deve spiccare rispetto ai loghi dei competitor ed essere facilmente identificabile: gli elementi che compongono un logo non devono essere decorativi ma tutti devono occupare un ruolo ben preciso. Un logo è uno strumento di comunicazione estremamente sintetico;
  • versatile deve essere pensato per le applicazioni più disparate dalla facciata di un mall fino all’icona di un'APP sullo smartphone, per la personalizzazione di una borraccia o per la pubblicità di una quarta di copertina di una rivista patinata. Un logo insomma deve funzionare in qualsiasi dimensione e applicato a qualsiasi superficie.

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Un logo è per sempre?

Purtroppo un logo non è un diamante, non è per sempre. Questa è una brutta notizia, lo so, la buona notizia è che non è una pubblicità e non è una collezione di moda e quindi non subisce la stagionalità, un logo dura più di un anno o due!

Subisce comunque gli inevitabili cambiamenti che vive l’organizzazione che rappresenta, ogni attività ha dei cicli per cui spesso i loghi non ne rappresentano più l’essenza. Sempre prendendo la metafora dell’iceberg se ciò che sta sotto cambia anche ciò che sta sopra dovrà modificarsi.

Un logo può risultare vecchio perché quando è nato non è stato progettato per vivere in un ecosistema digitale, ad esempio tutti i loghi di aziende con una forte storicità, perdono di leggibilità sui device tecnologici in questi casi si interviene attraverso delle azioni di restyling che ne migliorino le performance di leggibilità.

Nel nostro portfolio trovi alcuni progetti di brand e corporate, se sei interessata contattaci per parlare del tuo progetto.

Thanks to Kristian Egelund for sharing their work on Unsplash.

 

 

 

 

 

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Ma io ho bisogno di un logo? Questa è una domanda che spesso ci viene rivolta dai piccoli brand, artigiani, freelance e consulenti durante i nostri momenti di formazione durante i quali accompagniamo i professionisti attraverso percorsi di consapevolezza sulla loro identità aziendale.

Hai presente un iceberg?

La risposta che mi sento di dare è sì, ti serve un logo. Un logo serve a raccontare la tua identità attraverso una forma originale e unica. Nel mio immaginario il logo è la punta di un iceberg, l’estremità visibile a tutti di qualcosa di molto più grande che rimane sommerso ma permette di sostenere la cima. E sotto cosa ci sta?

La zona sommersa è quella in cui sono presenti tutte le azioni che sostengono il brand, ci sei tu con la storia della tua attività o quella personale, ci sono i tuoi valori e i tuoi perché [sul perché ti consiglio di guardare il TedTalk di Simon Sinek che continua ad essere uno dei miei preferiti], la tua motivazione, i tuoi prodotti o i tuoi servizi, i tuoi clienti e, se li hai, ci sono le storie dei tuoi dipendenti e collaboratori.

Questi elementi e le loro specifiche connessioni sono solo tue, nessun’altra organizzazione li può avere: puoi avere una parte di servizi o collaboratori o skills in comune con un tuo competitor ma il blend che esce dalla connessione delle cose è solo tua: la tua voce unica.

Il logo, quindi.

Il logo deve riuscire a far suonare quella voce in modo chiaro e riconoscibile: è un lavoro in cui il progettista e il cliente sono a stretto contatto e, di solito, si parte cercando di capire ‘la parte nascosta’ attraverso un questionario.

Il questionario porterà a galla delle parole chiave che permetteranno al progettista di costruire una mappa mentale di concetti e metafore che potranno essere accostate a immagini, fotografie, colori e scenari di varia natura. In questo modo nasceranno delle moodboard, vere e proprie tavole di contenuti visuali che permettono di raccontare il mondo a cui appartiene quel logo.

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Dopo aver lasciato sedimentare questi percorsi si inizia la fase vera e propria della progettazione che può essere fatta a mano o al computer o in entrambi i modi, in base a come il progettista preferisce. 

A me sinceramente piace molto lavorare con carta e matita: la matita è il mio strumento preferito, perché mi sembra che scorra molto velocemente sul foglio e mi permetta di fare cambi repentini quando penso a una forma.

Il logo, una biografia.

Un logo deve avere delle caratteristiche ben precise per avere un look&feel professionale, di alcune di queste avevo già parlato in questo post, a queste che ritengo ancora valide, aggiungo che un buon logo dev’essere:

  • semplice nelle forme e nei colori in modo che sia riproducibile su tutte le superfici senza perdere di qualità, questa caratteristica vale anche per i loghi patronimici quelli composti dal nome e cognome del fondatore dell’azienda (ad esempio nel mondo della moda tanti loghi sono fatti così);
  • riconoscibile deve spiccare rispetto ai loghi dei competitor ed essere facilmente identificabile: gli elementi che compongono un logo non devono essere decorativi ma tutti devono occupare un ruolo ben preciso. Un logo è uno strumento di comunicazione estremamente sintetico;
  • versatile deve essere pensato per le applicazioni più disparate dalla facciata di un mall fino all’icona di un'APP sullo smartphone, per la personalizzazione di una borraccia o per la pubblicità di una quarta di copertina di una rivista patinata. Un logo insomma deve funzionare in qualsiasi dimensione e applicato a qualsiasi superficie.

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Un logo è per sempre?

Purtroppo un logo non è un diamante, non è per sempre. Questa è una brutta notizia, lo so, la buona notizia è che non è una pubblicità e non è una collezione di moda e quindi non subisce la stagionalità, un logo dura più di un anno o due!

Subisce comunque gli inevitabili cambiamenti che vive l’organizzazione che rappresenta, ogni attività ha dei cicli per cui spesso i loghi non ne rappresentano più l’essenza. Sempre prendendo la metafora dell’iceberg se ciò che sta sotto cambia anche ciò che sta sopra dovrà modificarsi.

Un logo può risultare vecchio perché quando è nato non è stato progettato per vivere in un ecosistema digitale, ad esempio tutti i loghi di aziende con una forte storicità, perdono di leggibilità sui device tecnologici in questi casi si interviene attraverso delle azioni di restyling che ne migliorino le performance di leggibilità.

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Thanks to Kristian Egelund for sharing their work on Unsplash.

 

 

 

 

 

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